venerdì 8 febbraio 2013

Quelle piazze ci interrogano


Non basta girarsi dall'altra parte e far finta di non averle viste. Non basta fare spallucce. Non basta, temo, nemmeno dire, come pure hanno fatto persone autorevoli del nostro schieramento, che Grillo non ha fantasia e le battute sono sempre quelle (Flavio Zanonato) o che Grillo le piazze le riempie di mestiere da comico e perciò non c'è da stupirsi (Gad Lerner).
Non basta più. Per tanti motivi, tutti differenti.
Perché quelle piazze sono tante, sono sempre di più e sono sempre piene. Le piazze piene, nel nostro immaginario, sono belle. Ma la storia ci ha insegnato che ce ne sono state anche di brutte.
Perché tutti gli altri quelle piazze le schivano, sembrano quasi temerle semivuote, preferiscono il chiuso, un po' magari per paura del freddo. Lui macché. E sono piene.
Perché in quelle piazze ci sono soprattutto giovani, tanti. Non caviamocela col voto cazzone di protesta: c'è stata una stagione in cui i giovani li seducevamo noi (com'era? Da giovani rivoluzionari, da adulti moderati e da anziani conservatori?).
Perché in quelle piazze sentiamo rimbombare anche parole che ci dicono qualcosa e che oggi noi non abbiamo più tempo, forza, o talvolta magari qualcuno persino coraggio di pronunciare, ancora vacillanti dopo i postumi della sbronza neoliberista. Penso alla denuncia della vergogna di stipendi dirigenziali alti centinaia di volte quelli di un operaio. Penso alle proposte di nazionalizzazione di Eni e ed Enel per controllare la politica energetica.
Perché in quelle piazze dovremo saper dire qualcosa anche noi, di come in quelle 5 stelle non compaiano mai proposte delle e per le donne, in un movimento ancora una volta strutturato secondo la logica patriarcale del grande leader. Che per di più ha scelto le candidate e dice “Manderemo in Parlamento...” come se loro non sapessero andarci con le loro gambe (e soprattutto con la loro testa).
A proposito: penso a come abbiamo selezionato le candidature noi, con le primarie. A quanto i nostri nomi, volti, e soprattutto storie, siano parte della nostra campagna elettorale. Invece nel 5 stelle il nome, il volto e la storia del candidato sparisce, praticamene nessuno di chi li vota sa chi sono. Così dentro c'è di tutto, da delusi della sinistra più antagonista alla indicibile vergogna omofoba del capolista sardo. A chi chiederanno conto dopo? A Grillo in persona?
Ma anche interrogarsi del perchè loro, chiunque siano, vengano percepiti come le “persone normali” che rivolteranno il Parlamento e io, insegnante mai eletta da nessuna parte e senza incarichi, venga indicata come il “vecchio” solo perché mi sono occupata di politica. Come se essersi impegnati per il bene comune fosse stata una colpa.
Però non voltiamo la testa dall'altra parte.
Non temiamo il confronto.
Peggio, non illudiamoci che Grillo peschi voti solo dall'altra parte della barricata.
Più ancora: non arrendiamoci che lì non si possano spiegare ragioni e recuperare consensi.

4 commenti:

  1. Ciao Mariateresa, sono d'accordo che fare spallucce non serve a nulla. Abbiamo già avuto esperienza con la Lega che per anni non abbiamo voluto considerare e che ha inquinato come un cancro i nostri territori, fino alla metastasi odierna.
    Riporto uno studio svolto da Marco Giannatiempo del fenomeno Grillo dal 2007:
    "(…)è doveroso rilevare che una visione radicalmente diversa della società in cui viviamo passa per una visione radicalmente diversa dell’economia mainstream, che Beppe Grillo non solo non fa sua, ma sembra persino sposarla. Non è sulle colonne del blog di Grillo né nel suo programma politico che si possono leggere severe critiche ai trattati europei, alle iniquità della moneta unica, al Fiscal Compact e al Fondo Salva Stati, alle manovre finanziarie classiste dei governi in carica, al ruolo della Bce. Beppe Grillo difetta di una visione globale delle cose, di un quadro d’insieme.
    Grillo è un alfiere della lotta alla partitocrazia, ambisce a una politica rinnovata e costituita da uomini onesti, considera uguali la destra e la sinistra. Pertanto ha buon gioco nell’intercettare il voto consapevole e disinteressato di chi ne coglie gli aspetti positivi e quello più di pancia e incazzato di chi si schiera quasi a prescindere contro “la casta dei privilegiati”. Una tale impostazione è destinata a complicare i piani di chi intende, con la scusa dell’emergenza, dar luogo a grandi coalizioni, accettare sacrifici sull’altare del rigore, e marginalizzare il dissenso, anche quando non propone alternative radicali allo status quo.
    È proprio per questo motivo che Beppe Grillo rinuncia a una radicale critica nei confronti del liberismo: denunciare le inefficienze della spesa pubblica perennemente improduttiva, criticare l’impiego clientelare delle risorse economiche pubbliche da parte dei politici più o meno corrotti, evidenziare l’enormità del debito pubblico italiano (solo in parte frutto degli scellerati governi del pentapartito e della Seconda Repubblica, in quanto esso si è formato, in una prima fase, per finanziare uno stato sociale moderno che ha contribuito allo sviluppo di un’Italia in breve tempo divenuta una potenza economica mondiale, ma questo Grillo non lo dice) permette al comico di individuare i colpevoli dello sfacelo nella classe politica al comando e posizionarsi sul mercato elettorale attraendo i consensi di chi, in buona o cattiva fede, ne condivide l’impostazione teorica e retorica. Un po’ come Berlusconi che nel 1994 prometteva la rivoluzione liberale quale inedita risposta ai fallimenti della macchina statale e della politica corrotta."
    Marco Giannatiempo

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    1. Ciao Isabella, interessante davvero. Ecco, interrogarsi così, provare a capire invece di liquidare e girarsi dall'altra parte, penso possa essere un modo di iniziare a riproporre un nostro perché anche a chi oggi riempie quelle piazze.

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  2. Non bisogna proprio voltarsi dall'altra parte! Ma non credo che ai comizi di Grillo vadano solo persone che poi lo voteranno. Poi più passano le ore, più si fa concreta l'idea che il problema siano i connazionali. Cioè, io posso raccontare tante palle, quante voglio, posso anche dire che sono l'unico che proteggerà il paese dalla caduta del cielo! Il vero problema è che/se la gente mi crede e poi mi vota.
    E' uno dei problemi del nostro paese cattolico, dove anche la politica (nel senso giusto) è un atto di fede che prescinde dall'esame di realtà. Siamo stati accuratamente diseducati, riprogrammati e le manovre economiche contro la scuola, l'università, le libertà individuali, i diritti (che progressivamente vengono sostituiti dai favori) sono parte del percorso di riprogrammazione. Sono bravi, non c'è che dire!
    Amedeo

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  3. Ecco Amedeo, proprio il fatto che non ci vanno solo persone che poi lo voteranno lascia spazi e margini per i quali sarebbe sciocco voltarsi dall'altra parte. Poi sì, sull'assenza di esame di realtà, così come su una memoria che cancella anche ieri, partiamo decisamente in difficoltà forse persino più di quanto loro siano bravi nella "riprogrammazione" culturale di questi anni

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